Natale,
un giorno freddo perso,
e noi in un paradiso senza vento
con tutta quella storia svanita
(pace, buona volontà, un bambino nella mangiatoia)
Camminiamo, scappiamo da questo mondo litigioso,
la nostra compagnia, il tempo
vero cosmopolita conosciuto altrove,
vagabondo e straniero, con noi cammina insieme
seguendo la neve abbozzata dalla notte per un sentiero
che porta a gli altopiani della tarda luna,
a un passo si raggiunge una piccola spiaggia con
l’ acqua lucida come una pelle di tamburo di ghiaccio,
dove ogni pietra lanciata che la sfiora suona,
salta, stuzzicando con le sue ripetizioni,
la sua musica viene moltiplicata dagli uccelli del nulla.
È come se avessi sentito
il cinguettio della creazione che scivola alto e chiaro
sopra distese glaciali, e immaginai gli uccelli
uno dopo l’altro , doppiati dalle onde sonore,
rabbrividì per questo contatto.
Lanciai una pietra per provare questo bacino di pioggia ghiacciata,
la tavola armonica del tamburo colpito accelera e sparge le sue note,
per fortuna, mescolandosi con le note degli uccelli,
a vincere fu una canzone d’amore venuta dal profondo freddo della terra