“Questo Paese è in bancarot-
ta. Qui non ci sono i mezzi
per eseguire queste grandi
opere. Ed è solo una finzione
la prosperità materiale che
sembrerebbero dimostrare.
Nelle casse del Tesoro non ci
sono soldi, e pertanto queste
opere lo impoveriscono sem-
pre di più, invece di rafforzar-
lo. L’Italia ha raggiunto l’o-
biettivo che le stava più a cuo-
re ed è diventata uno Stato in-
dipendente, e così facendo
ha infilato un elefante nella
lotteria della politica. Ma
non ha nulla con cui nutrir-
lo”. Governo gialloverde,
Tav, ribellione alla Ue non
c’entrano, nonostante le ap-
parenze. Ma chissà cosa scri-
verebbe oggi Mark Twain,
che pubblicò queste parole
esattamente 150 anni fa.
Usciva nel 1869.
Mese: agosto 2019
Il futuro nelle arti liberali. Piero Formica
Qual è per i veneti
il senso e il ruolo
dell’innovazione?
Gli interpellati
dalla Scuola
italiana design di
Padova hanno indicato
quattro priorità: l’ambiente
(il 36 per cento degli
intervistati), la tecnologia
(29 per cento), la salute (14
per cento) e il benessere
sociale (11 per cento).
L’habitat, la condizione
fisica e mentale e la qualità
della situazione sociale
hanno nei comportamenti
umani il loro comune
denominatore. E la
tecnologia? L’innovazione
costringerà l’uomo ad agire
come un robot, o viceversa?
In Silicon Valley, le imprese
assumono artisti e persone
di estrazione umanistica
per aiutare a riconfigurare i
movimenti dei robot in
conformità con i modi di
pensare, sentire e agire
della natura umana.
Accade così che giovani
coreografi partecipino al
dottorato di ingegneria
meccanica dell’Università di
Stanford e conducano
ricerca sui movimenti dei
robot funzionali all’agire
umano. Sarà così anche da
noi se sapremo coltivare le
arti liberali e offrire
opportunità lavorative e
imprenditoriali agli
studenti e laureati in storia,
filosofia, letteratura e altri
di loro che praticano
l’aritmetica, la geometria, la
musica e l’astronomia. È
questo uno scenario che ci
riporta alle università
medievali dove si
apprendeva il saper fare a
tuttotondo, cosa diversa dal
saper tutto, per esempio, su
un artista – il che non vuol
dire esserlo. Quanto le
radici medievali sono forti
nelle scuole umanistiche
degli atenei veneti?
Un interrogativo
di non poco
conto se sono
perfino i
finanziatori
delle innovazioni
tecnologiche a dire e
scrivere che le arti liberali
governeranno il mondo
digitale. Mentre si grida
«al lupo al lupo»,
puntando il dito verso
l’automazione che si
mangerà tanti posti di
lavoro, i più avveduti tra gli
innovatori osservano che
non ci si deve preoccupare
della minaccia
dell’intelligenza artificiale
quando un computer non
mostra alcun segno
d’intelligenza. La
prospettiva cambia
interrogandosi non sul
lavoro futuro ma sul futuro
del lavoro. Nel primo caso
si guarda al lavoro che si
dovrà cercare.
Nel secondo, si pensa al
lavoro non ancora creato e
che potrà nascere in modi
inimmaginabili dalle
competenze acquisite
grazie al gioco a incastro
tra arti liberali, scienza,
tecnologia e matematica.
Un titolo ottenuto nelle
arti liberali è un biglietto
d’ingresso per accedere al
lavoro dipendente e
all’imprenditorialità
quando le competenze
trasversali sono
fondamentali per innovare
e aiutare le organizzazioni
a funzionare in modo
efficace. Pensare
chiaramente, scrivere
bene, rendersi conto del
potere della narrazione,
lavorare in gruppo con
altre persone
comprendendone le
diversità e coinvolgendole
con le proprie idee, porre
le domande giuste,
immedesimarsi con i
fornitori e i clienti: tutte
queste sono abilità utili in
qualsiasi tipo di lavoro che
s’imparano
familiarizzando con le arti
liberali.
Il risultato che si ottiene
è riassumibile con
l’espressione «cercare di
far agire un computer
come una persona è
decisamente meglio del
contrario».
Secondo i dati forniti da
Google
(https://books.google.co
m/ngrams), in Italia è
diminuita nel corso degli
anni la frequenza dell’uso
di parole quali letteratura,
storia, filosofia e arte.
Tecnologia e innovazione
sono più frequenti. Meno
utilizzata è anche la parola
Imprenditore, mentre è
cresciuta la frequenza
della parola Manager.
Resta da interrogarsi se e
quanto queste tendenze
siano attribuibili alla poca
pratica del gioco d’incastro
tra arti liberali e
tecnologia. E, ancora, dal
non considerare che il
successo nel nuovo mondo
tecnologico abbia tra i suoi
protagonisti fondatori e
leader imprenditoriali che
hanno studiato letteratura
e storia (è il caso di
YouTube), scienze
politiche (Pinterest),
design e arte (Airbnb).
“La notte di un’epoca” di Massimiliano Valerii
«La società del rancore ha da una parte un
fondamento concreto: il blocco dei processi
di mobilità sociale, una novità nella nostra
storia: dal dopoguerra in poi lo sviluppo
contava su un meccanismo di progressione
lineare»,(…)«Ma dall’altra parte
è determinata da fattori immateriali, come il
naufragio delle tre grandi narrazioni post-i-
deologiche dominanti dal 1989 in poi: il so-
gno infranto di un’Europa unita. La globaliz-
zazione, che invece di beneici e vantaggi ha
generato sovranismi, guerre dei dazi e “for-
gotten people” minoranze dimenticate e ri-
maste indietro. Il mito tecnologico che al
posto della democrazia ha fatto emergere gli
oligopoli dei giganti della rete, fake news e
post verità. La conseguenza è una nuova antropologia dell’insicurezza: uno stato
di “delazione delle aspettative”, che si impo-
ne come categoria dello spirito del tempo».
Stanno succedendo cose
che non erano mai accadute prima. Non si
era mai veriicata, ad esempio, un’integrazio-
ne così forte della potenza della tecnica nelle
vite personali di ciascuno con livelli simili di pervasività. La celebrazione digitale dell’«io»
è il trionfo dell’individualismo, e si muove
parallelamente alla frantumazione dei palin-
sesti di senso collettivi»
SCYLLA AND CHARYBDIS
I like when the choices are both ugly—
the rock and the hard place. Odysseus chose
Scylla and I, too, would have opted for
a terrestrial evil, the sea vortex probably
concealing some subterranean meat with its beauty.
Soon you and I will exist in different time zones.
While day breaks for you, night will hold me to the big, wild moon.
I cast a wakeful light unravelling across the ocean.
While you swim in open Spanish waters brushing
2the bright-eyed fish, I spin in a street of yellow cars
nod off to an organ in a small church on Broadway.
When you face the queen medusas in the water
transfixed by their pale rosy pulses
their accusatory look of afterlife—know that you are facing me.
I am them in hundreds, blind and mutant
ready to greet and interrogate your days.
These hallucinations are such a small price for your face.
I keep myself busy and disoriented.
I trace our disappearing homelands through myth.
I understand now that to love radically is to always
be willing to be banished to some disfigured island of stone
in the middle of the sea, a small sacrifice, really.
I, too, might have sacrificed a few men
to preserve the whole idea of a voyage.
Or even a nation. Both false beloveds.
That’s the thing.
Our hero didn’t really want to go down with the ship.
Wily, he skidded the sea cosmos.
He knew the milk foaming at the whirlpool’s edge
was bad medicine and chose the lesser of two omens—
a prophecy where the weak get plucked
and you sail on home fine. Just fine.